Un pourparler sui vini naturali 🍷

«La vera domanda da porsi è: ma il vino naturale non dovrebbe essere semplicemente il vino?»

 

Una cosa che ho imparato con il passare degli anni è cercare di avere sempre uno sguardo aperto, senza confini, verso tutto quello che, nel mio quotidiano, per me rappresenta il nuovo, con la forte convinzione che il nuovo possa portarmi dritto alla conoscenza di nuovi orizzonti, senza doverli definire a priori belli, brutti o cattivi.
Ho incontrato spesso, non solo durante gli incontri che avevano come tema centrale il vino, ma anche nelle mie letture di vino, come in questo caso, quelli che definisco i giustizieri del mondo del vino a 360°. Commentatori del vino, più o meno autorevoli, che decidono della vita o della scomparsa di un vino, dando vita a un cortocircuito narrativo che non porta da nessuna parte e che non arricchisce nessuno.

A cosa mi riferisco in questo caso specifico? Mi riferisco a coloro che vengono definiti vignaioli naturali.

Il movimento, nato più di venti anni fa, con una forza dirompente, sembrava indossare i panni di un fenomeno modaiolo e passeggero.
A volte il tempo passa talmente in fretta, senza accorgersi che nel frattempo tutto sta cambiando.

Il vino naturale oggi è un po' ovunque anche se per legge non esiste. In Francia i vignaioli naturali hanno ottenuto il riconoscimento formale, con un disciplinare di produzione che ne permette la commercializzazione sotto la dicitura “vin méthode nature”.

I vini naturali erano e continuano ad essere vini che aprono sempre una discussione.

Bisogna riconoscere che, rispetto al rock’n roll degli esordi, oggi i vini sono più definiti e misurati, meno imprevedibili e alcuni produttori appartenenti al movimento non vogliono più sentire la definizione naturale.
Condivido quanto detto da Mario Basco della cantina I Cacciagalli: “Venti anni fa serviva un aggettivo incisivo, per rompere gli schemi. Oggi viene utilizzato da grandi agenzie di marketing per rinnovare l’immagine di aziende che di naturale non hanno proprio nulla. Bisogna valorizzare il territorio nel miglior modo possibile, con sinergie e non chiudendosi in un ghetto”.

Bisogna anche riconoscere che il movimento è stato contagioso per alcune cantine che hanno stravolto le loro strategie, rimettendo tutto in discussione, rivedendo il modo di fare vino e soprattutto di lavorare la campagna.
Il fattore generazionale fu la chiave di svolta nel passato così come lo è nel nostro presente.
Per Elisabetta Foradori, che nel 2002 sposa la biodinamica (il movimento dell’agricoltura biodinamica nasce nel 1927) come stile di vita: “Le nuove generazioni sono curiose, la loro scelta ha a che fare con uno stile di vita diverso…”.

Credo che ognuno di noi abbia vissuto negli anni un cambiamento del proprio gusto, che passa sicuramente attraverso un cambiamento della cucina, oggi più snella, con grassi e zuccheri quasi inesistenti, una cucina che richiama vini di grande bevibilità, acidi, taglienti, una cucina in cui l’opulenza è solo un lontano ricordo.

Tutto questo mi porta a chiedermi: chi di noi non ha mai cambiato idea? Perché non provare dei vini che ho sempre considerato fuori dalle mie orbite gustative?

E tu hai mai cambiato idea?